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Scheda informativa 5 – Commercio internazionale di prodotti alimentari ed agricoli

Page history last edited by giordano golinelli 14 years, 4 months ago

Secondo un recente studio FAO basato su proiezioni di più lungo termine per quanto concerne popolazione e reddito, occorrerebbe che la produzione mondiale di cibo aumentasse di oltre il 40% entro il 2030 e del 70% entro il 2050 rispetto al livello medio registrato nel 2005-2007. È presente un notevole spazio agricolo utilizzabile. Circa 1560 milioni di ettari potrebbero sommarsi agli attuali 1,4 miliardi di ettari coltivabili. Oltre la metà di questo terreno addizionale si trova in Africa ed in America Latina. Queste regioni costituiscono prevalentemente il suolo disponibile con la maggior adattabilità alle produzioni di tipo irriguo. Ma l’espansione storica dell’arativo è stata lenta e rendere produttiva un’altra zona marginale può implicare consistenti investimenti ed una produzione media inferiore, probabilmente adducendo costi sociali ed ambientali.

Molti paesi in via di sviluppo sono sotto pressione, dovendo ridurre le barriere commerciali all’ingresso dei prodotti agricoli, a seguito sia di negoziati commerciali sia di moniti a carattere politico provenienti da finanziatori ed organizzazioni internazionali.

Gran parte di questa pressione è fondata sull’assunto che una maggiore liberalizzazione commerciale è vantaggiosa per tutti i paesi, a seconda del loro livello di sviluppo o degli obiettivi delle politiche commerciali dei loro partners. I fautori di una ulteriore liberalizzazione sostengono che, mediante una più vasta apertura commerciale, i settori economici dei vari paesi saranno soggetti ad una più forte pressione concorrenziale, stimolando guadagni di efficienza in quanto, di fronte ad una maggiore competitività, le risorse vengono liberate da alcuni settori e riallocate in altri in cui rendono una maggiore produttività. Tale argomentazione è stata condivisa da diversi approcci al commercio internazionale, molti dei quali hanno fornito dati empirici che confermano il fatto che i paesi guadagnano dalla riduzione delle loro barriere commerciali. Ad ogni modo i dibattiti sulle riforme delle politiche commerciali richiedono sempre più flessibilità, nell’ottica di consentire ai paesi in via di sviluppo di mantenere un certo livello di protezione su alcuni prodotti.

Il modello classico sulla produzione agricola ed i mercati, così come fu descritto dagli economisti (e in gran parte è ancora così), presupponeva una concorrenza semi-perfetta, prodotti omogenei, molti compratori e molti venditori e libertà di ingresso nel mercato. In un simile modello ogni piccolo agricoltore determina il volume e il tipo di produzione da ottenere ed immettere sul mercato. Le relazioni tra venditore e compratore si limitano generalmente a semplici transazioni nell’immediato.

Il ruolo del potere di mercato nel ciclo produttivo è particolarmente evidente quando le fasi successive sono strettamente coordinate da vincoli contrattuali. Accordi di questo tipo, diventati molto più utilizzati negli ultimi decenni, interessano soprattutto la fornitura di prodotti freschi ai supermercati, in cui vi sono strette relazioni verticali nella filiera controllate da aziende private. La diffusione dei supermercati, prima nei paesi sviluppati e ultimamente, a ritmo incalzante, nei paesi in via di sviluppo, è stata una delle direttrici dello sviluppo. In questi mercati abbiamo pochi compratori e una differenziazione di prodotto (ossia applicare ad un prodotto diverse caratteristiche a seconda dei mercati di sbocco). In tale sistema gli agricoltori producono dietro contratto per degli agenti che operano per conto dei supermercati, specificando in anticipo quantità e qualità di prodotto, tempi di consegna e prezzi.

Ciononostante molti agricoltori non riescono ad entrare nel sistema. Essendo piccoli, disponendo di pochi capitali e di tecnologie non avanzate non sono in grado di rispettare i requisiti richiesti. Spesso si crea un sistema a due o tre livelli nella produzione agricola di una regione: alcuni agricoltori producono su contratto per poter rispettare i rigidi standard di esportazione; altri, di piccola dimensione, producono indipendentemente per il mercato locale tradizionale; talvolta si inserisce un gruppo intermedio che fornisce i supermercati locali. I normali grossisti, non interessati dai programmi di sostegno della produzione e che in linea di massima non instaurano relazioni durature con i produttori, comprano e vendono giornalmente. Non fanno credito né offrono altri servizi. Di solito non hanno la capacità di definire, monitorare o garantire degli standard di sicurezza, oltre quei requisiti basilari come, ad esempio, rifiutare i prodotti deperiti.

 

 

(fonte: FAO, Value Chain Analysis - the changing pattern of agricultural markets, www.fao.org)

 

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