ROSARIO LEMBO CICMA


Intervista a Rosario Lembo

segretario CICMA

(Comitato italiano per un contratto mondiale sull'acqua)

 

 

TEMI: acqua cittadinanza consumi cooperazione diritto

 

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Trascrizione

Last Food: Come ti chiami?

Rosario Lembo: Mi chiamo Rosario Lembo

LF: Quanti anni hai?

RL: Ho 61 anni

LF: Cosa fai nella vita?

RL: Sono impegnato sui temi dell’acqua

LF: Che acqua ti piace?

RL: Generalmente quella del rubinetto

LF: Perché bevi soprattutto l’acqua del rubinetto?

RL: Penso che sia buona e perché sono stato abituato così

LF: L’acqua del mondo di chi è?

RL: Esistono diverse narrazioni dell’acqua del mondo: c’è chi pensa che sia di tutti, c’è chi pensa che sia un bene individuale, privato

LF: E chi stabilisce questo tipo di proprietà, chi è che le definisce?

RL: In assenza di regole, nessuno. Di fatto, i più furbi si sono organizzati per poter diffondere una cultura che l’acqua, dal momento in cui qualcuno la cattura, la preleva, diventa un bene che può essere gestito dalla logica del mercato quindi da una logica privatistica.

LF: L’Italia è un Paese ricco di acqua, eppure siamo tra i primi consumatori al mondo di acqua in bottiglia. Secondo te, come è possibile?

RL: Eh, questa è una delle tante narrazioni sull’acqua. Ci sono stati dei momenti in cui anche la nostra acqua era particolarmente inquinata: ancora oggi ci sono delle campagne nelle quali si mette in evidenza che nell’acqua c’è troppo arsenio. L’avvento poi della televisione ha dato un grande contributo a questo: si pensa che l’acqua in bottiglia sia acqua più sana, più sicura, soprattutto che sia l’acqua del benessere, che fa bene a tutto il nostro fisico, che ci aiuta a conquistare una donna, che ci aiuta praticamente a relazionarci meglio con gli altri. Ecco, in questo senso è stato …….. della pubblicità, ma forse anche il fatto che ciascuno di noi non conosce fino in fondo il ciclo dell’acqua.

LF: Perché se mangio una bistecca consumo più acqua che se mangiassi un’anguria e contribuisco di più all’effetto serra?

RL: Perché il ciclo per produrre la carne è un ciclo lungo e un ciclo che comporta grandi assorbimenti d’acqua. La mucca che mangiamo è ovviamente un vitello adulto, per diventare adulto ha bisogno di mangiare tanta erba, per produrre tanta erba ci vogliono grandi irrigazioni quindi grandi appezzamenti di terreno: e così appunto anche si finisce per fare in modo che un chilo di carne occorrono circa 15300 litri di acqua. Quindi certamente l’alimentazione di tipo… basata sulla carne è una delle alimentazioni più distintive del sistema ambientale… che richiede anche un ciclo più alto anche in termini di consumo di acqua: è acqua virtuale, un’acqua di cui non ci rendiamo conto ma che in realtà è stata utilizzata per produrre quell’hamburger, quella fettina di carne che noi mangiamo.

LF: A scuola ci insegnano che la Terra è fatta perlopiù di acqua, al mondo però ci sono un miliardo di persone che soffrono la sete e due miliardi e mezzo che non hanno accesso ai servizi igienici. Come è possibile, secondo te?

RL: Detto… uno slogan che circola molto spesso è quello che “il buon Dio ha inventato l’acqua ma non ha fatto i tubi”: non ha regalato i tubi al pianeta Terra e quindi per fare arrivare l’acqua c’è bisogno dei tubi. E questo fa sì che esistano degli stati, delle comunità che si sono potute organizzare, che hanno fatto degli investimenti per costruire degli acquedotti per portare l’acqua nelle case. Esistono delle popolazioni che hanno redditi bassi, che sono povere e che molto spesso, pur avendo tanta acqua, non hanno appunto potuto costruire dei tubi, non hanno potuto costruire canalizzazioni e quindi l’acqua non arriva nelle case: ecco perché molto spesso, i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, nei villaggi più sperduti, non arriva l’acqua. Le imprese multinazionali, appunto, chi gestisce il business dell’acqua non ha convenienza a portare l’acqua nel piccolo villaggio (o in alta montagna) perché i grossi investimenti non annullano quella sola utenza, quel numero molto limitato di persone. Ma l’accesso all’acqua sta mettendo in evidenza anche un altro problema, che non è legato soltanto allo status o al luogo dove uno nasce o si trova a vivere: spesso si può vivere anche in grandi città come Milano o come Firenze e non avere accesso all’acqua perché si è diventati poveri, perché non si può pagare la bolletta dell’acqua oppure non si può pagare il contatore dell’acqua, cioè l’agganciamento all’acquedotto pubblico.

LF: E cosa si deve fare per cambiare la situazione?

RL: Eh, bisogna, come si diceva, inventare una nuova narrazione, un nuovo approccio con l’acqua,  non pensare che l’acqua è una merce e che si può usare, consumare, sfruttare, restituire inquinata al pianeta Terra oppure consumare una quantità superiore rispetto a quella che il ciclo naturale ci mette – diciamo così – appunto a disposizione. Bisogna capire che l’acqua rappresenta la sacralità della vita quindi è un bene imprescindibile, un bene appunto fondamentale e se rappresenta la sacralità della vita è l’elemento alla base appunto delle relazioni e dei rapporti con gli altri. Un bicchiere d’acqua non si nega a nessuno: bisogna ripartire dall’affermazione che l’acqua è un bene di tutti, che l’abbiamo in una gestione temporanea, bisogna salvaguardare questa risorsa per le future generazioni e, soprattutto, che l’acqua è uno strumento di solidarietà, quindi chiunque ha acqua a disposizione (chiunque vive vicino a un fiume, chiunque vive vicino a…..) deve condividere quest’acqua in primo luogo con gli abitanti, con gli altri soggetti e poi praticamente salvaguardare questa risorsa perché chi verrà potrà avere accesso all’acqua potabile. Questa è una cultura che nel passato i nostri nonni, i nostri avi avevano ottenuto, diversamente non ci sarebbe stata acqua potabile sul pianeta Terra: questa è la nuova cultura dell’acqua che bisogna oggi rilanciare soprattutto in funzione dei cambiamenti climatici e soprattutto cambiando il modello di vita. Bisogna che l’acqua si restituisca appunto al territorio meno inquinata da tutti e quindi ci sia un approccio di consumare il meno acqua possibile.

LF: e quindi la responsabilità che grava sul singolo cittadino, su noi come persone… quali comportamenti possiamo attuare per poter migliorare?

RL: apparentemente può sembrare che i comportamenti individuali sono irrilevanti, sono piccole gocce d’acqua. In realtà, non bisogna mai dimenticare che ciascuno di noi in primo luogo dovrebbe essere un cittadino, poi un consumatore, poi un cliente e poi anche un utente. Dipende da quale stato ci si vuole appunto un attimo immedesimare: certo, se faccio solo il consumatore e l’utente mi interessa pagare l’acqua il meno possibile, non mi preoccupo di sprecarla; se ragiono in una logica di cittadino e abitante del pianeta Terra, se voglio garantire l’acqua agli altri dovrò essere un cittadino intelligente, un cittadino che consuma meno acqua, un cittadino che politicamente si attiva perché l’acqua sia un diritto umano e perché appunto ci siano delle regole mondiali e internazionali per salvaguardare l’acqua esistente alle future generazioni.

LF: Come mai al G8, che c’è stato recentemente, il tema dell’alimentazione si è toccato, se ne è parlato tanto, quello dell’acqua sembrava che, poi alla fine è stato un po’ un buco nell’acqua effettivamente. È così delicato come tema da toccare? Gli interessi sono così importanti da non poterne quasi parlare?

RL: Innanzitutto c’è una miopia dell’attuale classe politica italiana che rispetto ai cambiamenti climatici dà priorità ad una economia ecologica, un’economia finalizzata soltanto a fare denaro grazie ai cambiamenti climatici: in questo senso il tema dell’acqua non è entrato in una logica appunto un attimo di riconversione. Ricostruire una cultura dell’acqua, riconvertire la cultura dell’acqua vuol dire cambiare il nostro modello di sviluppo: dal 2007 preleviamo più acqua di quanta il ciclo naturale ne immetta nel sottosuolo, quindi viene trattata per renderla potabile. Abbiamo rotto questo rapporto armonico con la natura, questo vuol dire che non possiamo più continuare a consumare tanta acqua quanta ne stiamo consumando attualmente. Oggi si sente dire che la tecnologia può dare delle risposte appunto a tutto ciò: l’acqua è potenziale ed è potenzialmente rilevante per chi vuol sviluppare un nuovo ciclo come oggi per l’ambiente. Cioè possiamo praticamente utilizzare l’acqua per entrare in una logica di produrre energia idroelettrica, alternativa; possiamo utilizzare l’acqua in futuro per produrre biocombustibili in alternativa al petrolio; possiamo utilizzare l’acqua per produrre grandi appezzamenti di terreno, ancora grandi produzioni di cereali per alimentare la carne: tutto ciò che probabilmente è un sistema di produzione agricola che non è legata alla sussidiarietà, alla sussistenza alimentare, alla sicurezza alimentare, ma è legata appunto soltanto al produrre per distruggere. Quindi, la scelta che la politica internazionale ha fatto dell’acqua è quella di considerarla una merce e di continuare a sfruttarla anziché scegliere l’altra narrazione dell’acqua, ovvero garantire l’acqua a tutti, l’acqua potabile alle future generazioni. Questo perché la scienza e la tecnologia pensano di poter ricavare l’acqua dalle nuvole, pensa di poterla ricavare dal mare attraverso processi di dissalazione, cioè pensa che l’acqua futura dovrà, si berrà sempre di più solo in bottiglia, cioè diventerà l’acqua un prodotto industriale: come la benzina, che prelevi soltanto ai distributori di benzina. Questa è la scelta, diciamo politica, che è drammatica sotto un certo profilo perché questo vuol dire che l’acqua verrà considerata come una merce da consumare, consumare e sfruttare, non come un bene da preservare, non come un patrimonio.

 

Per approfondire: 

Sito del Contratto Mondiale sull'Acqua (CICMA)

Sito dell'impronta idrica nostra e della produzione di vari alimenti e materiali (Waterfootprint)

Cosa ne sappiamo dell'acqua? (interviste fatte per strada)

 

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